I Masai si ribellano ma stavolta non imbracciano le lance, da guerrieri quali sono, e sguinzagliano gli avvocati. I rappresentati della piccola popolazione africana, che vive lungo il confine tra Kenya e Tanzania, si sono infatti rivolti a un legale per registrare il proprio nome come un "marchio di fabbrica". L?idea è che, d'ora in poi, chi ne userà la loro immagine a fini commerciali dovrà pagare ai Masai un diritto d' autore.
Sono molte aziende che hanno sfruttato il loro nome per la pubblicità: dalla moda e delle automobili, da Ralph Lauren alla Jaguar Land Rover, da Louis Vuitton a Calvin Klein. Tutti hanno fatto riferimento ai Masai gratuitamente. "Se queste compagnie pagassero il copyright, come sarebbe giusto, i Masai guadagnerebbero centinaia di milioni di dollari", ha detto al "Financial Times" Ron Layton, presidente di Position Business, l'ufficio legale che ha deciso di rappresentarli per proteggerne i diritti. Il neozelandese Layton ha già aiutato a registrare «il caffè dell?Etiopia» proteggendolo dalla catena Starbucks. «Se qualcuno vuole usare l?immagine di una popstar come Taylor Swift, lei chiede e ottiene almeno il 5%. Perché i Masai non possono ottenere lo stesso trattamento?».
Si calcola che siano oltre mille aziende nel mondo a sfruttare l?immagine dei Masai, mentre per i famosi guerrieri nomadi sono tempi duri. Come racconta il Corriere della Sera, i bambini masai faticano ad andare a scuola, le mandrie patiscono per il riscaldamento globale e un popolo di quasi 2 milioni di abitanti vive sulla soglia della povertà. Gli attivisti di Light Years Ip, un gruppo con base negli Usa, parlano di royalties «inevase» per centinaia di milioni. (Foto Ansa)
I Masai si ribellano ma stavolta non imbracciano le lance, da guerrieri quali sono, e sguinzagliano gli avvocati. I rappresentati della piccola popolazione africana, che vive lungo il confine tra Kenya e Tanzania, si sono infatti rivolti a un legale per registrare il proprio nome come un "marchio di fabbrica". L?idea è che, d'ora in poi, chi ne userà la loro immagine a fini commerciali dovrà pagare ai Masai un diritto d' autore.
Sono molte aziende che hanno sfruttato il loro nome per la pubblicità: dalla moda e delle automobili, da Ralph Lauren alla Jaguar Land Rover, da Louis Vuitton a Calvin Klein. Tutti hanno fatto riferimento ai Masai gratuitamente. "Se queste compagnie pagassero il copyright, come sarebbe giusto, i Masai guadagnerebbero centinaia di milioni di dollari", ha detto al "Financial Times" Ron Layton, presidente di Position Business, l'ufficio legale che ha deciso di rappresentarli per proteggerne i diritti. Il neozelandese Layton ha già aiutato a registrare «il caffè dell?Etiopia» proteggendolo dalla catena Starbucks. «Se qualcuno vuole usare l?immagine di una popstar come Taylor Swift, lei chiede e ottiene almeno il 5%. Perché i Masai non possono ottenere lo stesso trattamento?».
Si calcola che siano oltre mille aziende nel mondo a sfruttare l?immagine dei Masai, mentre per i famosi guerrieri nomadi sono tempi duri. Come racconta il Corriere della Sera, i bambini masai faticano ad andare a scuola, le mandrie patiscono per il riscaldamento globale e un popolo di quasi 2 milioni di abitanti vive sulla soglia della povertà. Gli attivisti di Light Years Ip, un gruppo con base negli Usa, parlano di royalties «inevase» per centinaia di milioni. (Foto Ansa)
I Masai si ribellano ma stavolta non imbracciano le lance, da guerrieri quali sono, e sguinzagliano gli avvocati. I rappresentati della piccola popolazione africana, che vive lungo il confine tra Kenya e Tanzania, si sono infatti rivolti a un legale per registrare il proprio nome come un "marchio di fabbrica". L?idea è che, d'ora in poi, chi ne userà la loro immagine a fini commerciali dovrà pagare ai Masai un diritto d' autore.
Sono molte aziende che hanno sfruttato il loro nome per la pubblicità: dalla moda e delle automobili, da Ralph Lauren alla Jaguar Land Rover, da Louis Vuitton a Calvin Klein. Tutti hanno fatto riferimento ai Masai gratuitamente. "Se queste compagnie pagassero il copyright, come sarebbe giusto, i Masai guadagnerebbero centinaia di milioni di dollari", ha detto al "Financial Times" Ron Layton, presidente di Position Business, l'ufficio legale che ha deciso di rappresentarli per proteggerne i diritti. Il neozelandese Layton ha già aiutato a registrare «il caffè dell?Etiopia» proteggendolo dalla catena Starbucks. «Se qualcuno vuole usare l?immagine di una popstar come Taylor Swift, lei chiede e ottiene almeno il 5%. Perché i Masai non possono ottenere lo stesso trattamento?».
Si calcola che siano oltre mille aziende nel mondo a sfruttare l?immagine dei Masai, mentre per i famosi guerrieri nomadi sono tempi duri. Come racconta il Corriere della Sera, i bambini masai faticano ad andare a scuola, le mandrie patiscono per il riscaldamento globale e un popolo di quasi 2 milioni di abitanti vive sulla soglia della povertà. Gli attivisti di Light Years Ip, un gruppo con base negli Usa, parlano di royalties «inevase» per centinaia di milioni. (Foto Ansa)
I Masai si ribellano ma stavolta non imbracciano le lance, da guerrieri quali sono, e sguinzagliano gli avvocati. I rappresentati della piccola popolazione africana, che vive lungo il confine tra Kenya e Tanzania, si sono infatti rivolti a un legale per registrare il proprio nome come un "marchio di fabbrica". L?idea è che, d'ora in poi, chi ne userà la loro immagine a fini commerciali dovrà pagare ai Masai un diritto d' autore.
Sono molte aziende che hanno sfruttato il loro nome per la pubblicità: dalla moda e delle automobili, da Ralph Lauren alla Jaguar Land Rover, da Louis Vuitton a Calvin Klein. Tutti hanno fatto riferimento ai Masai gratuitamente. "Se queste compagnie pagassero il copyright, come sarebbe giusto, i Masai guadagnerebbero centinaia di milioni di dollari", ha detto al "Financial Times" Ron Layton, presidente di Position Business, l'ufficio legale che ha deciso di rappresentarli per proteggerne i diritti. Il neozelandese Layton ha già aiutato a registrare «il caffè dell?Etiopia» proteggendolo dalla catena Starbucks. «Se qualcuno vuole usare l?immagine di una popstar come Taylor Swift, lei chiede e ottiene almeno il 5%. Perché i Masai non possono ottenere lo stesso trattamento?».
Si calcola che siano oltre mille aziende nel mondo a sfruttare l?immagine dei Masai, mentre per i famosi guerrieri nomadi sono tempi duri. Come racconta il Corriere della Sera, i bambini masai faticano ad andare a scuola, le mandrie patiscono per il riscaldamento globale e un popolo di quasi 2 milioni di abitanti vive sulla soglia della povertà. Gli attivisti di Light Years Ip, un gruppo con base negli Usa, parlano di royalties «inevase» per centinaia di milioni. (Foto Ansa)
I Masai si ribellano ma stavolta non imbracciano le lance, da guerrieri quali sono, e sguinzagliano gli avvocati. I rappresentati della piccola popolazione africana, che vive lungo il confine tra Kenya e Tanzania, si sono infatti rivolti a un legale per registrare il proprio nome come un "marchio di fabbrica". L?idea è che, d'ora in poi, chi ne userà la loro immagine a fini commerciali dovrà pagare ai Masai un diritto d' autore.
Sono molte aziende che hanno sfruttato il loro nome per la pubblicità: dalla moda e delle automobili, da Ralph Lauren alla Jaguar Land Rover, da Louis Vuitton a Calvin Klein. Tutti hanno fatto riferimento ai Masai gratuitamente. "Se queste compagnie pagassero il copyright, come sarebbe giusto, i Masai guadagnerebbero centinaia di milioni di dollari", ha detto al "Financial Times" Ron Layton, presidente di Position Business, l'ufficio legale che ha deciso di rappresentarli per proteggerne i diritti. Il neozelandese Layton ha già aiutato a registrare «il caffè dell?Etiopia» proteggendolo dalla catena Starbucks. «Se qualcuno vuole usare l?immagine di una popstar come Taylor Swift, lei chiede e ottiene almeno il 5%. Perché i Masai non possono ottenere lo stesso trattamento?».
Si calcola che siano oltre mille aziende nel mondo a sfruttare l?immagine dei Masai, mentre per i famosi guerrieri nomadi sono tempi duri. Come racconta il Corriere della Sera, i bambini masai faticano ad andare a scuola, le mandrie patiscono per il riscaldamento globale e un popolo di quasi 2 milioni di abitanti vive sulla soglia della povertà. Gli attivisti di Light Years Ip, un gruppo con base negli Usa, parlano di royalties «inevase» per centinaia di milioni. (Foto Ansa)
I Masai si ribellano ma stavolta non imbracciano le lance, da guerrieri quali sono, e sguinzagliano gli avvocati. I rappresentati della piccola popolazione africana, che vive lungo il confine tra Kenya e Tanzania, si sono infatti rivolti a un legale per registrare il proprio nome come un "marchio di fabbrica". L?idea è che, d'ora in poi, chi ne userà la loro immagine a fini commerciali dovrà pagare ai Masai un diritto d' autore.
Sono molte aziende che hanno sfruttato il loro nome per la pubblicità: dalla moda e delle automobili, da Ralph Lauren alla Jaguar Land Rover, da Louis Vuitton a Calvin Klein. Tutti hanno fatto riferimento ai Masai gratuitamente. "Se queste compagnie pagassero il copyright, come sarebbe giusto, i Masai guadagnerebbero centinaia di milioni di dollari", ha detto al "Financial Times" Ron Layton, presidente di Position Business, l'ufficio legale che ha deciso di rappresentarli per proteggerne i diritti. Il neozelandese Layton ha già aiutato a registrare «il caffè dell?Etiopia» proteggendolo dalla catena Starbucks. «Se qualcuno vuole usare l?immagine di una popstar come Taylor Swift, lei chiede e ottiene almeno il 5%. Perché i Masai non possono ottenere lo stesso trattamento?».
Si calcola che siano oltre mille aziende nel mondo a sfruttare l?immagine dei Masai, mentre per i famosi guerrieri nomadi sono tempi duri. Come racconta il Corriere della Sera, i bambini masai faticano ad andare a scuola, le mandrie patiscono per il riscaldamento globale e un popolo di quasi 2 milioni di abitanti vive sulla soglia della povertà. Gli attivisti di Light Years Ip, un gruppo con base negli Usa, parlano di royalties «inevase» per centinaia di milioni. (Foto Ansa)
I Masai si ribellano ma stavolta non imbracciano le lance, da guerrieri quali sono, e sguinzagliano gli avvocati. I rappresentati della piccola popolazione africana, che vive lungo il confine tra Kenya e Tanzania, si sono infatti rivolti a un legale per registrare il proprio nome come un "marchio di fabbrica". L?idea è che, d'ora in poi, chi ne userà la loro immagine a fini commerciali dovrà pagare ai Masai un diritto d' autore.
Sono molte aziende che hanno sfruttato il loro nome per la pubblicità: dalla moda e delle automobili, da Ralph Lauren alla Jaguar Land Rover, da Louis Vuitton a Calvin Klein. Tutti hanno fatto riferimento ai Masai gratuitamente. "Se queste compagnie pagassero il copyright, come sarebbe giusto, i Masai guadagnerebbero centinaia di milioni di dollari", ha detto al "Financial Times" Ron Layton, presidente di Position Business, l'ufficio legale che ha deciso di rappresentarli per proteggerne i diritti. Il neozelandese Layton ha già aiutato a registrare «il caffè dell?Etiopia» proteggendolo dalla catena Starbucks. «Se qualcuno vuole usare l?immagine di una popstar come Taylor Swift, lei chiede e ottiene almeno il 5%. Perché i Masai non possono ottenere lo stesso trattamento?».
Si calcola che siano oltre mille aziende nel mondo a sfruttare l?immagine dei Masai, mentre per i famosi guerrieri nomadi sono tempi duri. Come racconta il Corriere della Sera, i bambini masai faticano ad andare a scuola, le mandrie patiscono per il riscaldamento globale e un popolo di quasi 2 milioni di abitanti vive sulla soglia della povertà. Gli attivisti di Light Years Ip, un gruppo con base negli Usa, parlano di royalties «inevase» per centinaia di milioni. (Foto Ansa)
I Masai si ribellano ma stavolta non imbracciano le lance, da guerrieri quali sono, e sguinzagliano gli avvocati. I rappresentati della piccola popolazione africana, che vive lungo il confine tra Kenya e Tanzania, si sono infatti rivolti a un legale per registrare il proprio nome come un "marchio di fabbrica". L?idea è che, d'ora in poi, chi ne userà la loro immagine a fini commerciali dovrà pagare ai Masai un diritto d' autore.
Sono molte aziende che hanno sfruttato il loro nome per la pubblicità: dalla moda e delle automobili, da Ralph Lauren alla Jaguar Land Rover, da Louis Vuitton a Calvin Klein. Tutti hanno fatto riferimento ai Masai gratuitamente. "Se queste compagnie pagassero il copyright, come sarebbe giusto, i Masai guadagnerebbero centinaia di milioni di dollari", ha detto al "Financial Times" Ron Layton, presidente di Position Business, l'ufficio legale che ha deciso di rappresentarli per proteggerne i diritti. Il neozelandese Layton ha già aiutato a registrare «il caffè dell?Etiopia» proteggendolo dalla catena Starbucks. «Se qualcuno vuole usare l?immagine di una popstar come Taylor Swift, lei chiede e ottiene almeno il 5%. Perché i Masai non possono ottenere lo stesso trattamento?».
Si calcola che siano oltre mille aziende nel mondo a sfruttare l?immagine dei Masai, mentre per i famosi guerrieri nomadi sono tempi duri. Come racconta il Corriere della Sera, i bambini masai faticano ad andare a scuola, le mandrie patiscono per il riscaldamento globale e un popolo di quasi 2 milioni di abitanti vive sulla soglia della povertà. Gli attivisti di Light Years Ip, un gruppo con base negli Usa, parlano di royalties «inevase» per centinaia di milioni. (Foto Ansa)
I Masai si ribellano ma stavolta non imbracciano le lance, da guerrieri quali sono, e sguinzagliano gli avvocati. I rappresentati della piccola popolazione africana, che vive lungo il confine tra Kenya e Tanzania, si sono infatti rivolti a un legale per registrare il proprio nome come un "marchio di fabbrica". L?idea è che, d'ora in poi, chi ne userà la loro immagine a fini commerciali dovrà pagare ai Masai un diritto d' autore.
Sono molte aziende che hanno sfruttato il loro nome per la pubblicità: dalla moda e delle automobili, da Ralph Lauren alla Jaguar Land Rover, da Louis Vuitton a Calvin Klein. Tutti hanno fatto riferimento ai Masai gratuitamente. "Se queste compagnie pagassero il copyright, come sarebbe giusto, i Masai guadagnerebbero centinaia di milioni di dollari", ha detto al "Financial Times" Ron Layton, presidente di Position Business, l'ufficio legale che ha deciso di rappresentarli per proteggerne i diritti. Il neozelandese Layton ha già aiutato a registrare «il caffè dell?Etiopia» proteggendolo dalla catena Starbucks. «Se qualcuno vuole usare l?immagine di una popstar come Taylor Swift, lei chiede e ottiene almeno il 5%. Perché i Masai non possono ottenere lo stesso trattamento?».
Si calcola che siano oltre mille aziende nel mondo a sfruttare l?immagine dei Masai, mentre per i famosi guerrieri nomadi sono tempi duri. Come racconta il Corriere della Sera, i bambini masai faticano ad andare a scuola, le mandrie patiscono per il riscaldamento globale e un popolo di quasi 2 milioni di abitanti vive sulla soglia della povertà. Gli attivisti di Light Years Ip, un gruppo con base negli Usa, parlano di royalties «inevase» per centinaia di milioni. (Foto Ansa)