Per una donna con una vita piena e complessa come la sua, essere stata per anni sulle pagine delle riviste di gossip con i paparazzi in fila per fotografarla in bikini nelle spiagge dei vip, deve essere avvilente. Perché Rita Rusic è stata una produttrice cinematografica che ha pagato caro il fatto di essere bella, come racconta in un’intervista al Corriere della Sera: «Ho vissuto dieci vite», dice a 65 anni portati non bene ma benissimo: «È la scuola di mia madre, se sgarravo mi diceva: stasera mezza mela e mezza patata. Massimo Troisi a Vittorio diceva che sono un soldato austriaco».
La vita da profuga
La prima vita è iniziata in Croazia: «Sono nata a Parenzo, una cittadina povera dove non c’era lavoro. Papà suonava il sax e il clarino e insegnava musica, mamma casalinga. Non avevamo nulla. Un giorno prendemmo la corriera fino a Trieste”. Qui inizia la sua vita da profuga: «Ci portarono a San Saba. È il primo di tre campi profughi (gli altri due a Latina e Capua) dove abbiamo vissuto come rifugiati politici grazie a un certificato dell’Onu. Dormivo su un materasso macchiato, una sola stanza per tutta la famiglia. C’era anche gente malvagia, alcune donne si prostituivano. I campi erano circondati dal filo spinato».
I sassi nelle scarpe e l’incontro con Cecchi Gori
Ed è in Italia che è iniziata la sua formazione: «Il governo italiano mandò i figli dei profughi nei collegi delle suore. Mi ritrovai a Roma, senza parlare una parola d’italiano, tra altre adolescenti eritree, somale, libiche, istriane, dalmate... Nel mese mariano ci chiedevano un sacrificio per la Madonna. Io misi sassi nelle scarpe, offrii quel dolore. Entrai a 8 anni e ne uscii a 15. Poi ci assegnarono una casa a Busto Arsizio, ma volevo andare a Milano. Mi iscrissi a una scuola di odontotecnica e cominciai a fare la modella. Anni dopo in un ristorante conobbi l’assistente di Celentano, cercavano un giovane volto per il film Asso. Il produttore era Vittorio Cecchi Gori. Lì lo conobbi. Avevo 20 anni, siamo stati insieme per quasi 19».
La gelosia del marito Vittorio
In principio «era simpatico, gentile e affettuoso. Mi faceva sentire importante. Presto divenne geloso alla follia. Ero troppo stupida per ribellarmi. Non potevo andare da nessuna parte da sola, nemmeno in palestra, e non voleva che facessi l’attrice o la cantante». E visto che non poteva recitare e forse non ne aveva le doti, si dedicò alla produzione: «Capii che l’attrice invecchia e la produttrice no. Ero il capo, come temperamento».
La crisi matrimoniale
Doveva essere brava, visto che il marito non sopportava la sua concorrenza: «La crisi fu figlia delle sue insicurezze. Ricordo l’ambasciatore francese che, dopo il trionfo de Il ciclone di Pieraccioni, gli disse: cosa prova il maestro quando viene superato dall’allieva? Vittorio si rabbuiò. La crisi dipese anche dall’enorme successo. Lui non resse, non seppe gestirlo. Quando l’ho conosciuto, il gruppo Cecchi Gori erano padre e figlio, Mario e Vittorio. Producevano 1 o 2 film l’anno. Nel tempo, quando arrivai io, i film sono diventati 12, più quelli distribuiti, tra i 60 e i 70. La mia vita era il lavoro».
Punita perché donna, giovane, bella
Ma la soddisfazione di vedere il proprio nome sugli schermi fu presto annientata: «Il mio nome sullo schermo comparve la prima volta come produttrice esecutiva di Storia di una capinera di Zeffirelli. Mario cominciò a urlare, lasciò la sala, voleva cancellare il mio nome. Ci fu il compromesso di lasciarlo per l’estero».
Tradita quando era incinta
E non c’era solo la competizione sul lavoro: «Lui mi ha tradita quando ero incinta, come fanno tanti uomini. Non piace a nessuna donna, ma ci può stare dopo tanti anni, non gli ho dato tutta questa importanza. Capisci che è finita quando gli occhi del tuo partner sono vuoti mentre ti guarda».
Inevitabile una brutta separazione: «Lui disse di essere stato abbandonato. Ma ero diventata il suo nemico, lo specchio in cui lui si vedeva e non si piaceva. Non poteva rinunciare all’educazione del maschio di una volta, circondato da yes men che gli dicevano sei un genio, e finalmente lui era al comando».
Terra bruciata attorno
Poi arrivò il divorzio: «Diede l’assegno di mantenimento per i nostri due figli, ma solo per alcuni anni. Io non ho avuto niente. E quando nasci povera, hai il terrore di tornare a esserlo. La nostra separazione diventò La Guerra dei Roses. Mi fecero terra bruciata, mi tolsero perfino il voto ai David di Donatello. Punita perché donna, giovane, bella. Oggi non sarebbe successo. Mi isolai, trasferendomi per 10 anni in USA. Frequentai un corso di regia a New York, io che avevo contribuito al successo di 80 film. Negli anni ho aperto negozi di concept store, a Miami e altrove».
Le visite a Cecchi Gori in carcere
E poi c’è stato un riavvicinamento all’ex marito: «Ci siamo lasciati 26 anni fa. Mi occupo di lui se sta male. Se ci vedi insieme è anche un rapporto formalmente affettuoso, ma non riesce a coprire il rancore e il dolore per tutto quello che ci è capitato». E Rita ci fu anche nel periodo più buio: «Andavo a trovarlo a Regina Coeli. Ricordo Vittorio in pigiama, macchiato di sangue, la flebo attaccata. Sembrava un film horror. Una volta fu riaccompagnato in cella, le guardie si dimenticarono di me in una stanza. Urlai: aiuto, aprite!».
Il voltafaccia di Pieraccioni e Panariello
Un periodo difficile in cui molti si dileguarono: «Leonardo Pieraccioni, che ho scoperto io e Vittorio mi diceva lascia stare quel bischero, mi disse: 'non posso più vederti sennò non lavoro più col gruppo Cecchi Gori'. Lo stesso Panariello. Il cinema è così. Con Salemme però siamo rimasti amici, è un uomo molto sensibile».
I brutti cori degli ultrà
La vita dorata degli anni della gioventù è finita: «… I jet privati, le 90 multisale, la Fiorentina. Mi divertivo allo stadio, anche se nei cori gli ultrà me ne dicevano di tutti i colori. Avevamo 900 impiegati. Hollywood l’avevamo in casa, a Palazzo Borghese, poi avevano casa a Firenze, a Londra, a New York acquistata da Trump. Nel 1999 fu bruciato un patrimonio di 4000 miliardi di lire. Non servono tanti soldi per essere felice. Ma certo, quelle esagerazioni mi mancano».
La nuova vita con un compagno più giovane
Oggi Rita Rusic pensa al futuro e ha una vita sentimentale soddisfacente: «Sono una donna dell’Est, il sesso aiuta a restare giovani, è una componente importante della mia vita. Da 5 anni ho un compagno che ne ha 30 meno di me, un piccolo imprenditore. Se sento la differenza d’età? Ma certo! L’esuberanza, la solarità, anche questo aiuta. Quando lo vedo giocare alla Playstation, torno indietro nel tempo. Però nel lavoro posso essere molto dura. Sono come Terminator, mi sciolgo e mi ricompongo. Vi do una notizia, la prossima estate ripartirò con due progetti insieme con mio figlio Mario. Ci sarà un altro Cecchi Gori nei miei film».
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