La smania di potere, la profezia e la follia della moglie: Macbeth è tra noi
La recensione di Gabriella Carmagnola ci propone un classico come il Macbeth di William Shakespeare puntando sugli elementi che lo rendono una lettura sempre attuale

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“Spesso, per indurci al male, gli strumenti della Notte ci dicono qualche verità”. Prendete una pagina a caso, ovunque leggiate il tema è quello: la volontà di potenza. Cieca, fine a sé stessa, però muove la Storia. Ben prima di Nietzsche, ne parlava, già 400 anni fa, William Shakespeare. In Macbeth (1623, in Italia dal 1700, oggi Feltrinelli Editore), troverete uno dei testi più profondi ma anche più attuali sulla smania di potere. Perché anche se oggi non è in gioco il trono di Scozia ma semplicemente una poltrona o un seggio, anche se al posto della spada si utilizzano false notizie, magari amplificate dai social, licenziamenti pretestuosi, documenti truccati, le pulsioni che smove il potere sono sempre uguali nei secoli. Tradimenti, crimini piccoli o grandi, paranoia, assenza di contatto con la realtà. E’ una smania, che non si riesce a fermare. Era un guerriero generoso e leale Macbeth e poi piano piano entra nel vortice e diventa assassino e tiranno. La sua ambizione è un’ossessione. Ma alla fine, di fronte alla morte, si rende conto della inutilità della sua vita: “Domani, domani e domani, avanza a poco a poco, giorno dopo giorno, verso l'ultima sillaba del copione, e tutti i nostri ieri avranno illuminato a degli sciocchi la polverosa via della morte. Spegniti, spegniti, breve candela!”. Perché sopra ogni impulso di potenza, rivalsa, vendetta, resta quel pensiero di Lady Macbeth. All’inizio è lei a spingerlo a una maggiore ambizione, poi è sempre lei che si rende del conto del prezzo enorme del potere. “Nulla è avuto, tutto è sprecato se il nostro desiderio è ottenuto al prezzo della serenità.” Lo dice a un servo, ma anche a tutti noi.
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