La bassezza più greve che sa di fango, così diffusa e quotidiana: l'invidia e la lezione magistrale di Balzac
Vuole piacere a tutti, li adula e se ne finge confidente e nel frattempo trama la loro rovina: perché "La cugina Bette", è quantomai attuale

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Di diventare la sua amante non se ne parla. Lei è baronessa, una splendida cinquantenne, lui è ricco, ma corpulento e di umili origini. Per il momento, niente da fare. Lei lo respinge così: “Ascoltate, signor Crevel… alla mia età, le follie di una donna devono essere giustificate dalla bellezza, dalla giovinezza, dalla celebrità, dal merito, da qualcuno di quegli splendori che ci abbagliano al punto da farci dimenticare tutto, perfino la nostra età. Se voi avete cinquantamila franchi di rendita, la vostra età controbilancia la vostra ricchezza e così di tutto ciò che una donna si aspetta, voi non possedete niente.” Il conto, quindi, è a somma zero.
L’affare non interessa. Sempre di conti e denari parla Balzac ma in questo romanzo straordinario, che fa parte degli scritti “I parenti poveri”, aggiunge un tema velenoso, nascosto eppure molto diffuso e sempre attuale: l’invidia. È l’invidia che “La cugina Bette”, prova per la famiglia che la accoglie, cura e mantiene. In pagine gustosissime di scrittura forte, elaborata, eloquente, Honoré de Balzac (1846, in Italia dal 1907, oggi Garzanti) si accosta ai suoi personaggi e li scolpisce, li commenta, li rende anche icone anche del nostro tempo. La cugina Bette, bruttina e senza un soldo, vuole piacere a tutti, e così fa l’amicona dei ragazzi, l’adulatrice, diventa confidente di tutti. E tutti parlano, - la confidenza spesso va verso il basso - e credono che Bette sia una tale perdente da essere anche muta. Invece passerà il tempo a tramare, all’insaputa della famiglia, per la loro rovina. Amanti infedeli, parenti serpenti, relazioni interessate, arredamenti messi a confronto come status sociale, veleni, a parole e anche nei fatti. Cesare Pavese definisce Balzac “sublime”. E qui, in più, l’invidia fa da padrone. È la bassezza più greve, precisa, che sa di fango. Sono le pieghe più oscure dell’animo umano, così diffuse, così quotidiane.
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